SANTA MARIA DEL PARADISO

L’attuale chiesa sorge sul sito dove era allocata la precedente costruita nel 1520, sulla quale si era intervenuti con un restauro già nel 1599 ed era completamente collassata nel 1790. Riferiscono le cronache che il motivo per cui l’edificio nel corso degli anni era andato a poco a poco deperendo, fino al punto da doverlo radere al suolo e avviare la costruzione di uno completamente nuovo, era stata la frequenza dei fulmini che vi si abbattevano periodicamente.

Memorabile e dalle disastrose conseguenze era stato un fulmine che vi si era abbattuto nel 1774 e l’aveva completamente fracassata. Di quell’edificio rimane l’architrave con la dicitura della intitolazione alla Madonna (Divae Mariae), le date di costruzione e restauro e al centro l’ovale con dentro inscritto l’albero, con il suo significato religioso: l’albero della vita e della conoscenza al centro del Paradiso Terrestre (cf. Gn 2, 9). Nel 1792 si avvia la nuova costruzione e durante il 1793 furono gettate le fondamenta della nuova chiesa, ma i lavori procedettero a rilento per poi arenarsi del tutto, cosicché per molti anni la fabbrica rimase ad appena sette palmi da terra. Nel 1832 riaffiora la volontà di riprendere i lavori, convogliandovi i proventi dei due palazzi lasciati in dono alla Parrocchia dal dott. Luca Antonio Grasso nel 1683. A tale scopo viene affidata una perizia al Mastro Muratore Giuseppe Murno da Padula e al fabbricatore Salvatore Conforto da Calvanico. Il 18 maggio 1835, il procuratore del clero don Antonio Cagnano indirizza al vescovo di Capaccio una lettera nella quale descrive la situazione in merito alla costruzione della chiesa. Sotto la visione dell’architetto Carmine Conforti, nel 1838 riprendono i lavori alacremente e in due anni la muratura raggiunge il tetto.

Alla medesima altezza perviene la costruzione del campanile e vi si alloca la campana, fino ad allora rimasta al suolo. I lavori erano portati avanti dal fabbricante Giuseppe Desiderio. Ad animare e sostenere il tutto era il parroco dott. Luigi Arciello, nativo di Sicignano degli Alburni. Egli era coadiuvato da una commissione per la fabbrica, di cui si ha notizia nel verbale di una riunione tenuta il 7 gennaio 1845.

Certamente non fu la prima, non fu l’unica e neppure l’ultima. La chiesa fu solennemente inaugurata il 1 gennaio 1851 con grande concorso di popolo. L’evento, con la cronistoria di quanto lo ha preceduto, è tramandato ai posteri su una lapide marmorea posta in fondo alla chiesa, redatta in latino e di cui qui viene data la traduzione:

A D[io] O[ttimo] M[assimo] Questo Tempio sacro alla Madre di Dio sotto il titolo del Paradiso, che, costruito nell’anno della redenzione 1520, per l’ingiuria del tempo quasi completamente crollato, nell’anno 1599 restaurato, dopodiché grazie al legato di Luca Antonio Grasso [fu] completamente raso a suolo e di nuovo iniziato nell’anno 1790; infine per la sollecita cooperazione del compianto Antonio Cagnano, il Dott. Michele Barone, Vescovo di Capaccio, per portare a termine l’immane opera, inviava a reggere questa chiesa [il sacerdote] Luigi Arciello, cittadino di Sicignano [degli Alburni], il quale con assiduo impegno e fedele amministrazione del patrimonio in pochi anni ne curò la realizzazione e la costruzione, il 1 gennaio 1851 fu inaugurato nell’unanime felicitazione di tutti.

Dell’evento si ebbe eco anche sulla stampa dell’epoca.

L’inaugurazione rendeva disponibile al culto l’ampio presbiterio con l’altare maggiore e la navata centrale, dove, nelle sei arcate laterali erano collocati altrettanti altari.
Le navate laterali, invece, rimasero grezze e non accessibili, come appena pochi metri dal suolo rimase la costruzione della seconda torre campanaria, a destra di chi guarda, destinata all’orologio.

Forse la causa dell’incompiutezza dei lavori è da ravvisare nell’inattesa morte del parroco Luigi Arciello, avvenuta il 4 gennaio 1860.

Nel 1875, il parroco succeduto all’Arciello, mons. Pietro Principe, eresse l’altare monumentale e la balaustra che ancora oggi è possibile ammirare. Intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso le condizioni della muratura ne richiesero la chiusura al culto e l’avvio di un ampio e radicale restauro. Fu durante questi lavori che vennero sfondate le arcate e reso accessibile lo spazio delle navate laterali, insieme all’eliminazione di quanto restava dell’incompiuto campanile destro. Purtroppo in questa fase andò perduta non poca suppellettile. Tra le cose che i fedeli ricordano con rimpianto è senza dubbio da annoverare l’organo a canne collocato sulla cantoria che allora sormontava la porta d’ingresso. Il 27 marzo del 1967, giovedì santo, dopo più di dieci anni di chiusura, la chiesa ritornava ad accogliere i fedeli per le celebrazioni liturgiche. Va ricordato che per i circa dieci anni di chiusura della chiesa, la vita liturgica si svolse nella cappella dell’Annunziata, messa a disposizione dalla proprietaria famiglia del Mercato, ma certamente angusta per le celebrazioni parrocchiali.

Ci si può fare un’idea del progetto originario dallo schizzo conservato nell’Archivio di Stato di Salerno e qui di seguito riprodotto.

Come si può vedere, il progetto in parte rimase incompiuto, per la mancata erezione della torre campanaria di sud. Conseguentemente, lo spazio tra i due campanili, nello schizzo pensato come nartece con un tetto sostenuto da colonne, fu lasciato a cielo libero.