Tour virtuale del nostro Santuario 

Il Santuario dell’Acquasanta sorge nelle adiacenze dell’omonimo torrente, che raccoglie le acque dei “valloni” che precipitano a valle dalle altezze collinari di Laureana Cilento e Torchiara e le convoglia, come affluente, nel fiume Testene. Viene così a trovarsi lungo l’antica via che collegava a valle i due paesi collinari, e questi con Agropoli e la piana di Paestum, poco lontano dallo scalo ferroviario di Torchiara, oggi dismesso. La tradizione popolare, raccolta da Gian Cola del Mercato nella sua opera Commentari agli Statuti del Cilento del 1677, vuole che il culto sia sorto per le virtù miracolose della sorgente che sgorga in quel luogo e sulla quale è edificata la chiesetta. La polla d’acqua sarebbe scaturita quando vi furono lapidate tre vergini di Agropoli, inseguite fin lì dai parenti irati perché convertite dalla predicazione di San Paolo ascoltato nella contrada non molto distante e a lui intitolata.
Altra versione popolare invece di vergini, parla di soldati. La difficoltà di dare consistenza storica alla presunta sosta di San Paolo ad Agropoli e altre evidenti ragioni sconsigliano di collocare la fondazione del santuario in un tempo così antico. Le testimonianze ambientali e architettoniche, nonché le prime notizie archivistiche riportano agli albori del XVII secolo. Tuttavia, Le strutture murarie del Santuario, la sistemazione della sorgiva d’acqua al suo interno, carte di archivio degli inizi del sec. XVII e i commenti dello studioso Gian Cola del Mercato incoraggiano l’ipotesi che lo stesso sia stato edificato e più volte ricostruito su luogo di devozione mariana ivi esistente già da alcuni secoli e che, con un po’ di temerarietà, probabilmente potrebbe essere ricondotto ai secoli VII o VIII. L’intervento del sec. XVII appare più come un restauro e, semmai, un ampliamento.
Oggi il Santuario si presenta formato da un complesso di ambienti: l’aula, il presbiterio, la sacrestia, la canonica. Il presbiterio si caratterizza per la presenza del pozzo,  situato sul lato destro di chi guarda,  dal quale si attinge l’acqua “miracolosa”. Il bordo del pozzo è costituito da una lastra di marmo con la data del 1652 e la sigla VFGA (= voto per grazia ricevuta). Al centro della parete absidale si trova il dipinto murale, datato 1603, raffigurante la Madonna e il Bambino, con ai lati San Giuseppe e Santa Lucia. Nell’affresco gli occhi della Madonna e quelli di S. Lucia sono stati eseguiti in modo da produrre un singolare effetto ottico (trompe-l’œil) per cui l’osservatore in un qualunque punto si collochi ha la sensazione che questi siano continuamente fissi su di lui, forse a dire che Maria vigila sui fedeli ovunque essi siano. Nel ‘700 la chiesa si arricchì di vari elementi; il baldacchino sopra affresco, la cupola, il soffitto a cassettoni. Un pavimento di ceramica vi era stato collocato nel 1856 dal parroco del tempo don Luigi Arciello.

Consunto dal calpestio dei fedeli e dalla cera che vi colava e che veniva grattata, ne resta un piccolo esemplare esposto in una teca in sagrestia. Il medesimo decoro, però, ora è riprodotto nell’attuale pavimento. Il cassettonato dell’aula si distingue non solo per il pregevole uso dei colori ma anche per i decori, che ripropongono, in forma allegorica, l’episodio biblico della Pentecoste. Sul finire del secolo XIX, o agli inizi del XX, si provvide a una statua della Madonna con Bambino, per essere portata in processione. La veste, inizialmente rossa, poi diventata azzurra, con manto bianco all’origine era molto semplice e ugualmente semplici erano le corone poste sul capo della Vergine e del Bambino. Sia la veste che le corone furono sostituite da altrettante di fattura più pregevole negli anni Sessanta, dono di emigrati in terra di America. Nel 1921 il parroco del tempo, don Andrea Barlotti, provvedeva a fare la statua di San Giuseppe, da portare in processione insieme a quella della Vergine Maria.

Per ringraziare la Vergine per la fine del secondo conflitto mondiale, nel quale le nostre terre, oltre a sopportare le ristrettezze imposte dalla situazione, furono anche teatro di guerra e l’8 settembre 1943 accolsero lo sbarco delle forze alleate, come espressione votiva per il soccorso divino variamente sperimentato, sul finire degli anni Quaranta si provvide al completamento del campanile e alla facciata, che con un finto colonnato di gusto neoclassico fu addossata al prospetto preesistente, di cui emerge solo il portale di ingresso, in pietra arenaria, recante in chiave un albero, il cui significato costituisce un ulteriore indizio dell’arcaicità del sito.

La notte tra il 25 e il 26 luglio 1990 da mano sacrilega furono trafugati la statua lignea del Bambino e le corone poste sul capo della Vergine e del Bambino.

Il Bambino fu rifatto presso la ditta Helmut Santifaller di Ortisei e solennemente benedetto il 21 giugno 1991. Un giorno ancora più mestamente ricordevole per il santuario è il 2 febbraio 2009, quando alla sera fu fatta la triste scoperta del trafugamento della statua, purtroppo da allora non più ritrovata.

Un vasto programma di restauro dell’intero complesso viene portato avanti ormai da una quindicina d’anni. Ha interessato dapprima il risanamento della chiesa e dei locali adiacenti dalla corrosiva umidità, poi il rifacimento della copertura, il restauro dell’aula ecclesiale, della sacrestia, della facciata, del campanile, e delle pareti esterne. La Chiesa, completamente restaurata, fu riaperta a culto, dopo alcuni mesi di chiusura e ne fu consacrato il nuovo altare il 22 Maggio 2010, dal vescovo del tempo S. E. mons. Giuseppe Rocco Favale. Attualmente è in corso il restauro dell’interno dei locali adiacenti. Il rifacimento della copertura è stato finanziato al 70 %  dalla C.E.I. con i fondi dell’otto per mille e il restante dalla Cassa  Parrocchiale, con le entrate ordinarie e con offerte straordinarie dei fedeli.
La devozione verso la Madonna dell’Acquasanta è tuttora molto sentita sia a Laureana che nei paesi circostanti del Cilento e la festa si celebra il martedì dopo la Pentecoste.

Il Santuario è facilmente raggiungibile dalla superstrada Agropoli-Vallo della Lucania: si esce ad Agropoli Sud e si prosegue nella direzione di Santa Maria di Castellabate sulla SS. 267 per circa 4 km, al bivio per Laureana si svolta (a sinistra) e si segue la segnaletica locale per il santuario.

Non manca la descrizione del santuario nelle relazioni delle visite pastorali dei secoli trascorsi. Nella memoria popolare fino a qualche anno fa era viva l’eco di una visita in forma privata nella prima metà degli anni cinquanta del vescovo del tempo, S. E. mons. Domenico Savarese. Invece, a memoria d’uomo, il primo vescovo che vi ha celebrato l’Eucaristia è stato S. E. mons. Giuseppe Casale, il pomeriggio del sabato 25 gennaio 1986, nel corso della sua prima visita pastorale. Più volte, in occasione della festa ha presieduto la solenne concelebrazione S. E. mons. Giuseppe Rocco Favale e il 29 maggio 2012, sempre nel giorno della festa, per la prima volta il nuovo vescovo diocesano S. E. mons. Ciro Miniero.

Il santuario è accorsato da fedeli delle parrocchie dei comuni di Laureana, Torchiara, Prignano, Ogliastro, Rutino, Lustra, Castellabate e Agropoli. Durante l’anno i fedeli vi si recano a pregare anche singolarmente e vi si celebra la Messa festiva ogni sabato alle ore 17.00 (orario legale: 18.00). Rettore è il Parroco pro tempore di Laureana Cilento.

La Chiesa sia Orientale che Occidentale spesso onora la Madre del Signore col titolo di «fonte»: «fonte d’acqua viva», «fonte d’amore», «fonte della clemenza», «fonte della grazia», «fonte della misericordia», «fonte sigillata» (cfr. Ct 4,12), «fonte della salvezza. In Oriente sono numerosi i santuari dedicati alla beata Vergine sotto il titolo di «fonte», presso i quali spesso si trova una sorgente a cui i fedeli accorrono per attingere l’acqua. Capofila, se non capostipite di tutti è il celeberrimo santuario della Madre di Dio detto «Fonte vivificante», o anche S. Maria della Primavera, nel quartiere di Balikli, a poche centinaia di metri dalle mura di Costantinopoli (Istanbul), eretto nel secolo VI. Il nostro, al pari di qualche altro presente nell’Italia Meridionale con le stesse caratteristiche, potrebbe essere ricondotto all’influsso dei monaci italo-greci, presenti e operanti nelle nostre zone nella seconda metà del primo millennio. In Occidente, tra i santuari mariani in cui predomina il simbolo dell’acqua il più celebre è senza dubbio quello di Lourdes, dove la beata Vergine apparve nel 1858 a santa Maria Bernardetta Soubirous e fece sgorgare una sorgente d’acqua.
Nella S. Scrittura l’acqua è simbolo della divinità: Dio è sorgente d’acqua viva (cfr. Ger 2, 13); Gesù dona l’acqua che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4, 14); lo Spirito è acqua che sgorga dal “seno” del Cristo (cfr. Gv 7, 37-39) trafitto sulla croce (cfr. Gv 19, 34). L’immediata successione della festa alla solennità della Pentecoste, consente di vivere la devozione alla Madonna dell’Acquasanta come un lasciarsi condurre dalla mano materna della Vergine Maria per accostarsi, nell’esperienza celebrativa dei sacramenti, al Padre, sorgente della vita, per mezzo di Cristo nello Spirito Santo, per vivere nell’alveo della vita trinitaria la grazia battesimale di dirsi ed essere realmente figli di Dio nella grande famiglia della Chiesa.